di Morena Izzo

“È la stampa, bellezza. La stampa. E tu non ci puoi far niente. Niente”. Era il 1952 quando Humphrey Bogart, alias Ed Hutchinson, recitava questa frase alla fine del film “L’ultima minaccia” di Richard Brooks, girato negli uffici del New York Daily News. Il rumore delle rotative di sottofondo, il fascino di una stampa libera, che non si fa condizionare dai poteri forti, dalla criminalità. Chissà quanti passi in avanti da allora, verrebbe da pensare. Chissà quante conquiste. E invece. Invece a leggere i dati di “Reporter Senza Frontiere”, che ha stilato la classifica mondiale del 2013 sulla libertà di informazione, vediamo che gli Stati Uniti sono al 32° posto. Certo sono saliti di 15 posizioni rispetto allo scorso anno, ma restano dietro al Ghana, alla Namibia e al Suriname e precedono la Lituania. E l’Italia? L’Italia viene dopo il Burkina Faso e l’Ungheria, posizionandosi al 57° posto, prima di Hong-Kong , Senegal, Cile e Sierra Leone. La classifica comprende 179 Paesi, analizzati secondo sei criteri che sono quelli del pluralismo, dell’indipendenza dei media, dell’ambiente e autocensura, del quadro legislativo, della trasparenza e delle infrastrutture.

“Quest’anno il metodo usato per compilare questa classifica – spiegano da Reporter Senza Frontiere – ha visto alcune importanti modifiche, tra le quali un nuovo tipo di questionario. Le domande di tipo quantitativo sul numero di violazioni di vario genere sono ora gestite dal nostro staff. Comprendono il numero di giornalisti, assistenti all’informazione e cibercittadini imprigionati o uccisi per motivi connessi alle loro attività, il numero di giornalisti rapiti, quello dei giornalisti che sono fuggiti in esilio, quanti di loro hanno subito violenze fisiche e arresti, e il numero di mezzi di comunicazione censurati. In caso di occupazione militare di uno o più territori, qualunque violazione da parte di rappresentanti delle forze occupanti è considerata violazione del diritto all’informazione in territorio straniero e viene incorporata nel punteggio del paese occupante. Il resto del questionario, che viene inviato a esperti esterni e a membri della rete di RSF, si concentra su problemi difficili da quantificare, come per esempio il grado di autocensura dei provider di informazione, l’ingerenza governativa nei contenuti editoriali, o la trasparenza dei processi decisionali del governo. La legislazione e la sua efficacia sono argomenti affrontati in domande più dettagliate Sono state aggiunte o ampliate domande, per esempio, sulla concentrazione delle testate giornalistiche e favoritismi nella concessione di sussidi o pubblicità statali. Sulla stessa falsariga, sono state incluse anche domande sull’accesso alla professione e agli studi giornalistici. A ogni paese viene assegnato un punteggio e una posizione nella classifica finale. Si tratta di indicatori complementari che, insieme, valutano lo stato della libertà di stampa. Per fare in modo che questa classifica sia più esplicativa e rendere il confronto tra tra i vari anni più facile, il punteggio andrà adesso da 0 a 100, nel quale 0 rappresenta il miglior punteggio e 100 il peggiore. Questa classifica rispecchia la situazione in un periodo specifico. Quella di quest’anno riguarda unicamente il periodo tra l’inizio di dicembre 2011 e la fine di novembre 2012. Non prende in esame violazioni dei diritti umani in genere, ma solo quelle che riguardano la libertà di informazione”.

A trionfare per il terzo anno consecutivo sono la Finlandia, l’Olanda e la Norvegia, che guadagnano i primi tre posti, mentre negli ultimi tre troviamo Turkmenistan, Corea del Nord ed Eritrea, proprio come lo scorso anno.

“La Classifica della Libertà di Stampa 2013 pubblicata da Reporter senza frontiere non prende in considerazione diretta il tipo di sistema politico; risulta chiaro tuttavia che le democrazie offrono una migliore protezione alla libertà al fine di produrre e far circolare notizie e informazioni accurate, rispetto ai Paesi dove i diritti umani vengono spesso sbeffeggiati – ha dichiarato il segretario generale di RSF Christophe Deloire – Nelle dittature, gli organi di informazione e le famiglie dei rispettivi staff sono esposti a rappresaglie spietate, mentre nelle democrazie i media devono fare i conti con le crisi economiche del settore e i conflitti di interesse. Le loro situazioni non sono sempre confrontabili, ma dovremmo ad ogni modo rendere omaggio a tutti coloro i quali resistono alla pressione, sia essa aggressivamente concentrata, individuale o generalizzata”. La classifica si basa in parte su un questionario inviato alle organizzazioni partner di Rsf (18 ONG per la libertà di espressione in tutti i cinque continenti), “alla nostra rete – spiegano da di 150 corrispondenti, a giornalisti, ricercatori, giuristi e attivisti per i diritti umani.

 

 

agoratvINCHIESTE
di Morena Izzo “È la stampa, bellezza. La stampa. E tu non ci puoi far niente. Niente”. Era il 1952 quando Humphrey Bogart, alias Ed Hutchinson, recitava questa frase alla fine del film “L’ultima minaccia” di Richard Brooks, girato negli uffici del New York Daily News. Il rumore delle rotative di...