di Morena Izzo

“L’arte del giornalismo politico in un sms” è stato il tema al centro del dibattito moderato dalla blogger  Valentina Di Leo, che si è svolto nella Sala Raffaello dell’Hotel Brufani di Perugia nell’ambito del festival Internazionale del Giornalismo. A ragionare sull’uso dei social network in politica sono stati il direttore di Europa Stefano Menichini, Antonello Caporale di Repubblica, Mattia Feltri de La stampa e il vicedirettore di Libero, Franco Bechis.  “Dobbiamo cercare di capire se c’è un cambiamento interessante e positivo in come la politica sta utilizzando questi strumenti – spiega Stefano Menichini, direttore di Europa –  Noi abbiamo imparato abbastanza rapidamente che i social media ci aiutano, con un lavoro mixato, a farci una credibilità nella capacità di dare le notizie di commentarle e contestualizzarle  nell’arco della giornata e poi a dare diffusione ai contenuti di “Europa”, che viaggiano in maniera soddisfacente sulla rete grazie ad un utilizzo di twitter e facebok che i giornali del mondo sanno, sono tassativamente indispensabili per poter dare diffusione ai contenuti di spessore e di analisi”. Ma perché la velocità è importante? “Perché il tempo della decisione politica è cambiato – continua Menichini –  perché il tempo del consumarsi degli eventi è cambiato, perché il tempo del venir fuori di fenomeni politici e sociali è mutato e il tuo presidio, per chi è convinto che questo mestiere esista e vada fatto con con passione, lo devi fare nel tempo e nella velocità che la decisione politica ha preso. Non puoi disdegnare questo fattore di tempo nuovo, perché esso è un fattore di potere. Credo di aver capito che sui social media è importante starci come testate, ma è molto più importante che tu ci metta la tua faccia, il tuo profilo, il tuo umore, senza eccedere in narcisismo, facendo conoscere i tuoi gusti personali. Questo in un processo di maturazione ti dà il profilo completo di una persona. Tutti sono così in grado di farsi l’idea di quella persona, non del direttore del giornale, non del politico, ma della persona. E quella persona con quel carico di storia, di conoscenza di responsabilità è credibile. Non è solo soltanto nelle fonti la credibilità, è sui social media, è un insieme di fattori in cui c’entra anche questo elemento: la personalizzazione della tua presenza che poi è un fenomeno della società contemporanea nella quale viviamo soprattutto come individui, è il nostro essere, e quella che è la nostra capacità anche di comunicare come individui viene apprezzata e diviene un fattore di qualità anche del tuo impegno professionale”.

Qual è dunque il ruolo del giornalista in questa overdose di contenuti? Il vicedirettore di “Libero” Franco Bechis, è stato il primo a twittare le imminenti dimissioni dell’ex premier Silvio Berlusconi scrivendo: “Si dimette entro martedì”. “Sul giornale poi ho spiegato tutti i particolari della notizia – ha raccontato –  Twitter, è veloce come un’agenzia, così come è ultrarapido nel propagare errori”. Ricordando a tal  proposito la vicenda del finto Alemanno che spacciandosi per il sindaco di Roma era riuscito ad inondare la rete di false dichiarazioni sull’emergenza neve nella Capitale.  “Non so se questi social network abbiano come caratteristica principale la velocità – continua Bechis – Sono un mezzo.  Dipende da come utilizzi quel mezzo. Dipende dall’utilizzo che ne fai, le persone con cui interagire sono un numero limitato, perché non puoi rispondere a migliaia di persone. In altri casi costituiscono fenomeni come il caso di Beppe Grillo. Abbiamo visto alle scorse amministrative come Milano e Napoli come la conoscenza e la capacità dei candidati e l’utilizzo nella rete siano state ripagate”. “Chi scrive per il settimanale – dice Antonello Caporale di Repubblica – generalmente scrive in modo diverso che per un quotidiano e chi parla alla radio ha un ritmo diverso da chi invece conduce un programma televisivo. Io noto una confusione dei ruoli. Serve tutto. Servono momenti in cui essere veloci è decisivo e serve pure il di più che ha dato l’sms. Questo strumento che immagina un caos della notizia, del dettaglio che poi però si compone nella sua originalità e in quel rullo che esce sul mio sito di Repubblica e di altri grandi giornali di quella giornata, sono atomizzate, sono piccoli frammenti che prima però non si coglievano con quella forza, con quella limpidezza e io apprezzo quel momento. Noi abbiamo una grande crisi strutturale, dobbiamo trovare altre narrazione, non sostituirle, ma sperimentarle. Mi sembrava che l’sms avesse una propria fortuna e identità, ho capito invece che c’era una sorta di forza centrifuga verso twitter quando i miei sms messi sul giornale, si trasformarono nei tweet di Caporale. L’idea inconscia che l’sms non potesse rimanere un sms ma per forza diventare un tweet. Io contesto questo sistema, poco lo condivido. Per chi scrive è importante avere relazioni, avere conoscenze. Grillo ha avuto un sistema di comunicazione alternativa a quella tradizionale che però non ha aiutato gli altri partiti, che non hanno goduto della stessa esplosione delle forze creative perché erano fuori da quel mondo, che ora utilizzano e anche manipolandolo un po’”. Un “grande bar”, questa è l’idea che ha di twitter Mattia Feltri de La Stampa. “Un centro di aggregazione che crei dibattito e approfondimento”.

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