Dottor Ettore Piero Valente, Specialista in Ortopedia e Traumatologia

Dottor Valente oggi si parla tanto di osteoporosi qual è il suo parere?

Ormai per fortuna e  grazie ai diversi mezzi di divulgazione c’è una maggiore attenzione alle problematiche indotte dall’Osteoporosi.

Che cos’è l’osteoporosi?

Ricordiamo che l’osteoporosi è una  condizione fisiopatologica degenerativa, che porta ad un’alterazione sia quantitativa che qualitativa del tessuto osseo, con  espressione clinica  infausta di una o più  fratture da fragilità.

Quante forme di osteoporosi si distinguono?

Due: l’osteoporosi involutiva primitiva (osteoporosi postmenopausale, o di tipo I, e osteoporosi senile, o di tipo II) e l’osteoporosi secondaria, correlata ad altre patologie.

Perché l’osteoporosi primitiva è oggi considerata malattia sociale?

Perché dà frequentemente luogo a situazioni invalidanti nella popolazione anziana, popolazione che nella società odierna è destinata ad aumentare progressivamente. E’ un’epidemia silente che colpisce  duecento milioni di donne. Una donna su tre dai 60 ai 70 anni e due  donne su tre dopo gli 80 anni riporteranno una frattura da fragilità.  Circa il  20-25% delle donne sopra i 50 anni  hanno una o più fratture vertebrali, (USA 25%, Australia 20%, Europa Occidentale 19%, Scandinavia 26%, Danimarca 21%).

Un terzo delle fratture da osteoporosi si verifica nell’uomo (Fig. 1).  Pertanto  un cittadino europeo su otto sopra i 50 anni riporterà una frattura da fragilità. Tre miliardi e mezzo di euro per le sole spese ospedaliere, esclusi i costi dei ricoveri in ambiente riabilitativo e i trattamenti di recupero  a domicilio. Ogni anno vengono ricoverati  cinquecentomila pazienti con frattura da fragilità, occupando  altretanti  posti  letto in ospedale, con previsione del raddoppio nei prossimi 50 anni, considerato   che secondo i dati ISTAT che dal 2001 al 2051 gli over 65 anni aumenteranno del  79% per le donne e 108% degli uomini. I siti di frattura più frequenti sono a carico delle vertebre, femore e polso. Come possiamo vedere è un problema sociale non indifferente e non da sottovalutare, anche in previsione delle future spending review.

La figura 2  rappresenta la percentuale  della  perdita di massa ossea che non viene diagnosticata 77%, nel 9% si fa diagnosi e trattamento, mentre nel 14% si fa diagnosi ma non si tratta.

Fig.2

Quando inizia la riduzione della massa ossea?


Bisogna prima fare una premessa dal punto di vista eziopatologico.
Il tessuto osseo è un tessuto vivente: componente minerale 70% (essenzialmente costituita da cristalli di Calcio e cristalli di Fosfato che danno la robustezza all’osso), componente organica 30% (costituita di una matrice proteica che forma una fitta rete dove si depositano i cristalli mineralizzati), componente cellulare (costituita principalmente da osteoblasti, osteoclasti ed osteociti, queste cellule dietro l’attività di alcune sostanze modulatrici sono responsabili del turn-over osseo con un meccanismo di equilibrio di riassorbimento osseo osteoclastico e di riformazione ossea osteoblastica.) Verso i 25-30 anni si raggiunge il picco di massa ossea, cioè quando il riassorbimento osseo prevale rispetto all’apposizione ossea. Pertanto inizia una fase di indebolimento dell’osso, condizione che viene denominata Osteopenia. Tab 1

Rappresenta il picco di massa ossea quando da una fase di equilibrio si passa ad una fase di maggior riassorbimento osseo.

Perché nella donna il turnover del processo osteoporotico aumenta dopo la menopausa?

Perché si verifica il deficit di estrogeni, ormoni che controllano l’equilibrio del ricambio scheletrico.
Esistono favori favorenti?
Ebbene si , esistono diversi fattori di rischio sia primari che secondari. Quelli primari sono: Genetici , diverse razze ( caucasica/asiatica) sono colpite di più rispetto alle altre (africani), oppure alcune famiglie e gemelli vanno incontro con maggior frequenza a fratture da fragilità. Altri fattori di rischio sono il basso indice di massa ossea (la magrezza per intenderci), il sesso femminile, menopausa precoce ).

Quali sono le conseguenze dell’osteoporosi?

Come accennato prima, se il processo degenerativo colpisce la colonna vertebrale (come avviene di solito), si ha l’insorgenza di forti dolori; a ciò si aggiunge una maggiore facilità nel prodursi fratture ossee ( quelle più frequenti a carico del polso, vertebre e femore), dovuta alla particolare fragilità delle ossa colpite.

Come si conferma la diagnosi di osteoporosi?

E’ fondamentale un’accurata anamnesi ed esame obiettivo, poi si procede alla valutazione della diagnostica di laboratorio che nella maggior parte dei casi è costituita da esami sierici e sulle urine. Emocromo con formula, protidogramma elettroforetico (utile nella diagnosi differenziale con patologie secondarie), calcemia, fosforemia, fosfatasi alcalina, calciuria nelle 24 h, funzionalità epatica e renale.Se poi si sospetta una forma secondaria si richiedono gli esami, sierici, plasmatici ed urinari del caso.
Dal punto di vista diagnostico strumentale, il golden standard della diagnosi della mineralizzazione dell’osso è la (MOC) mineralometria ossea computerizzata a doppio raggio fotonico (DEXA: Dual Energy Xray Absorptiometry), indagine che consente la quantificazione precisa della perdita di massa ossea. Indagine Mentre per la valutazione qualitativa dell’osso si effettua la (QUS) valutazione qualitativa ad ultrasuoni, che può essere eseguita al calcagno, radio o falange (quest’ultima è quella che utilizzo personalmente). Molti non ritengono più valide le tecniche radiologiche tradizionali, ma seguendo gli insegnamenti del Prof. Lamberto Perugia, oltre all’anamnesi ed esame obiettivo una buona immagine radiografica della colonna in 2 proiezioni aiuta notevolmente a fare diagnosi. La morfometria delle vertebre dorso-lombari è un esempio, riuscendo a misurare con questa metodica la riduzione dell’ altezza delle vertebre e quindi fare diagnosi di eventuali crolli vertebrali. La scintigrafia ossea è utile nei casi di diagnosi dubbi. La RMN e TAC sono a pare mio le tecniche diagnostiche più precise nel fare diagnosi di osteoporosi, ma al momento li utilizziamo solo in casi particolari.

Come si cura?


Ricordiamoci che l’osteoporosi è un processo fisiopatologico degenerativo e non si guarisce,quindi la nostra azione è quella di rallentare la progressione della patologia e di ridurre al massimo il rischio di frattura. Esiste la prevenzione primaria e secondaria. Nella primaria è indispensabile abolire i fattori di rischio modificabili, come il fumo, l’abuso di alcool, dieta adeguata e tanta attività fisica costante. Negli anziani ci vuole maggior attenzione e rendere l’ambiente in cui vivono più sicuro, stanze molto illuminate, abolire la presenza di ostacoli in casa come zerbini o pavimenti scivolosi, e a quelli allettati fare prendere sole il più possibile e mobilizzarli attivamente e passivamente. Dal punto di vista terapeutico farmacologico, ormai esistono farmaci che utilizzandoli correttamente e con il giusto apporto di calcio e vitamina D giornaliero portano alla riduzione del rischio di frattura oltre il 50%,. Nelle donne giovani che vanno incontro alla menopausa esiste la terapia sostitutiva con farmaci di nuova generazione.

La terapia dell’osteoporosi  sarà argomento del prossimo editoriale.

Dr.Ettore Piero Valente

Specialista in Ortopedia e Traumatologia
Diregente I Livello
UOC Ortopedia eTraumatologia
Ospedale Monterotondo e Tivoli RmG
Direttore Prof. Manlio Caporale
Segreteria
Sig.ra Di Corato Daniela
Tel 334/3838280

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