Tra 5 anni la mappatura del microbioma disponibile anche in Italia. L’annuncio al Congresso ‘Microbiota e patologie dell’apparato digerente’, in programma domani al Campus Bio-Medico di Roma con alcuni tra i massimi esperti di Gastroenterologia. Consentirà di catalogare l’infinità di batteri che già utilizziamo come alleati del nostro organismo, ma che in futuro potranno essere immessi nel corpo umano in modo più mirato ed efficace.

Dopo la mappatura dei 23mila geni che compongono il genoma umano, è ora la volta del milione e passa di microrganismi che ‘abitano’ le varie parti del corpo umano, il cosiddetto ‘microbioma’. Un’operazione che consentirà, tra l’altro, di catalogare quella infinità di batteri che compongono la flora del nostro apparato digerente (il ‘microbiota’) e possono diventare causa scatenante delle più varie malattie, così come trasformarsi in preziosi alleati del nostro organismo, se presenti nelle giuste proporzione in gola, esofago, stomaco e intestino. Sulle nuove frontiere della microbiotica e sulle prospettive di cura del nostro apparato digerente faranno il punto all’Università Campus Bio-Medico di Roma alcuni tra i massimi esperti nazionali di Gastroenterologia in un congresso patrocinato, non a caso, dalle società scientifiche AIGO (Associazione Italiana Gastroenterologi Ospedalieri) e SIGE (Società Italiana di Gastroenterologia), oltre che dalla Fondazione ‘Aldo Torsoli’.

Malattie dell’apparato digerente: un italiano su due ne soffre

Nuove opportunità terapeutiche per una serie di malattie – quelle dell’apparato digerente – che ormai colpiscono quasi un italiano su due e che, nei casi più gravi, provocano23mila decessi all’anno, escludendo le morti da tumore. Dati allarmanti, anche perché spesso, secondo gli esperti, si tratta di malattie che sono di ostacolo alla normale vita di relazioni, oltre che a quella lavorativa. Il 40% della popolazione soffre di disturbi funzionali, come la dispepsia e la sindrome dell’intestino irritabile. Ogni anno, inoltre, il 15% degli italiani va dal proprio medico di famiglia per problemi legati a malattie digestive, che sono causa di un ricovero ospedaliero ogni 10. Ma l’apparato digerente è anche tra le cinque parti del corpo più colpite da tumore, con un’incidenza del 28% delle neoplasie negli uomini e del 26% nelle donne. Sono dati epidemiologici che alzano il livello di attenzione verso la nuova frontiera terapeutica della probiotica.

Un batterio ci guarirà

Che i batteri siano in grado di alterare, ma anche di riparare il nostro organismo è un dato ormai consolidato nel mondo dei medici specialisti. E che il concetto abbia fatto presa anche tra i malati, veri o immaginari, lo dimostra il boom di vendita di antibiotici non assorbibili e di integratori a base di probiotici. In particolare di fermenti lattici, che promettono di regolare le funzioni intestinali o di curare un raffreddore. “Il problema – spiega il Professor Michele Cicala, Responsabile dell’Unità di Gastroenterologia e Endoscopia Digestiva presso il Policlinico Universitario Campus Bio-Medico – è che fino ad oggi abbiamo introdotto i batteri un po’ a caso nel nostro organismo. La mappatura del microbioma umano consentirà di immettere per ciascuna patologia la giusta specie e la necessaria quantità di germi. Perché non è un problema di batteri cattivi o buoni, ma di giusto equilibrio della nostra flora”. Gli esperti che si riuniranno al Campus sono fiduciosi nel ritenere che in cinque anni il progetto di mappatura del microbioma, lanciato dall’Istituto di Sanità statunitense (National Institute of Health) con un budget di 115 milioni di dollari, offrirà nuove armi terapeutiche, consentendo di identificare e caratterizzare tutte le comunità di microbi che si trovano nei numerosi siti del corpo umano, come la cavità nasale, quella orale, la pelle, il tratto gastrointestinale e quello uro-genitale. Un ‘identikit’ da cui partire per analizzare poi il ruolo svolto  da questi microrganismi nel garantire salute o nello scatenare patologie. “Per ora la dieta, il consumo di probiotici e i trattamenti a base di antibiotici quando servono continuano a svolgere un ruolo-chiave nella modulazione e nell’equilibrio del microbiota intestinale”, spiega la Professoressa Lorenza Putignani, ricercatrice dell’Ospedale Pediatrico ‘Bambino Gesù’ di Roma. Un consumo, quello dei probiotici, “che deve però essere intelligente”, sottolinea Cicala, rilevando che “è inutile ingerire, ad esempio, grandi quantità di yogurt arricchito con fermenti lattici vivi, che sopravvivono solo nel nostro esofago e muoiono nello stomaco senza dare alcun apporto al riequilibrio della nostra flora batterica.” “Molto meglio – aggiunge – assumere in compresse o bustine batteri liofilizzati, capaci di riprodursi nel colon”. Che i probiotici siano molto più che degli integratori alimentari lo dimostrano vari studi discussi nel corso dell’evento organizzato al Campus Bio-Medico. “Quell’insieme di batteri, miceti e virus che albergano nel nostro intestino e che chiamiamo microbiota – conferma il Professor Antonio Gasbarrini, Responsabile dell’Unità di Medicina Interna e Grastroenterologia del Policlinico ‘Agostino Gemelli’ di Roma – ha effetto su varie patologie, come diabete, obesità e malattie metaboliche, su malattie infiammatorie intestinali o, ancora, sui tumori dell’apparato digerente”. Per questo, se gli integratori si ergono a farmaci per dare il giusto equilibrio al nostro microbiota, allora vanno utilizzati con tutte le cautele del caso. “È fondamentale che in questi prodotti siano garantiti la stabilità e la giusta quantità dei microrganismi – raccomanda Gasbarrini –  fermo restando che quel che più conta è come il probiotico modifica la comunità di batteri, miceti e virus”.

L’FDA frena sulla ‘zuppetta gialla’

Equilibrare il microbiota è dunque la strada giusta per curare il nostro apparato digerente. Ma la medicina si è spinta oltre, passando direttamente al trapianto del cosiddetto ‘microbiota intestinale’. Per dirla meno elegantemente, al trapianto di feci. Una terapia, quella della ‘zuppa gialla’, che sembra fosse nota ai medici cinesi del IV secolo d.C., ma che è già stata sperimentata con successo in una quindicina di casi nel mondo occidentale. Recentemente, interventi sono stati eseguiti anche all’Ospedale ‘Luigi Sacco’ di Milano e al Policlinico Gemelli dall’equipe del Prof. Gasbarrini, su pazienti affetti da una grave infezione intestinale da Clostridium difficile, un germe particolarmente aggressivo e a volte resistente agli antibiotici. Inoltre, il New England Journal of Medicine ha pubblicato un lavoro scientifico di alcuni ricercatori olandesi che dimostra come questa cura abbia portato benefici in 15 pazienti su 16. Anche se la Food and Drugs Administration (FDA) – l’organismo che regolamenta farmaci e terapie negli USA – sul numero di agosto della prestigiosa rivista Science, ha per ora sconsigliato di proseguire sulla strada dei trapianti fecali, prima almeno che siano stati condotti studi controllati e randomizzati in grado di garantire con maggior precisione lo stato di salute del donatore.

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