Fino a qualche tempo fa della Vitamina D si sapeva soprattutto che fa bene alle ossa, dato che può ridurre il rischio di fratture dell’anca del 30% e di quelle non vertebrali del 14%, e che quindi, ad esempio, rappresenta un fattore importante nella profilassi anti-osteoporosi della donna dopo la menopausa. Chi ne avesse avuto forte carenza, per esempio vent’anni orsono, doveva assumerla attraverso il famigerato olio di fegato di merluzzo. Oggi, invece, ci sono farmaci e integratori alimentari dal sapore ben più accettabile che la contengono e possono essere utilizzati per supportare l’organismo, in alternativa o in combinazione con l’esposizione alla luce solare. Restano tuttavia ancora troppi i punti non chiari e i pareri discordanti circa gli effetti, i corretti dosaggi, le modalità di assunzione e perfino la tossicità potenziale di una supplementazione con la cosiddetta ‘vitamina del sole’, così chiamata appunto per l’effetto che ha l’esposizione ai raggi del sole sulla sua biosintesi nell’uomo. Per rispondere a questi e ad altri interrogativi, l’Università Campus Bio-Medico di Roma organizza, il 19 e 20 ottobre, un Workshop internazionale sulla Vitamina D. “Abbiamo voluto fortemente – spiega la Prof.ssa Laura De Gara, Ordinario di Fisiologia Vegetale e Delegato al coordinamento del Corso di Laurea in Scienze dell’Alimentazione e della Nutrizione Umana dell’Università Campus Bio-Medico di Roma – un evento tutto dedicato alla vitamina D, il cui uso nel tempo è enormemente cresciuto. Basti pensare che, come pubblicato lo scorso settembre in un articolo su ‘Science’, il solo mercato statunitense dei prodotti a base di questa vitamina è cresciuto del 1100% negli ultimi 6 anni, passando dai 50 milioni di dollari del 2005 ai 600 milioni di dollari del 2011. Questo nonostante il dibattito scientifico su vantaggi e modalità di supplementazione sia ancor oggi aperto. Perciò, vogliamo mettere a confronto i punti di vista diversi di alcuni tra i massimi esperti mondiali, offrendo nel contempo un’occasione di approfondimento del tema del metabolismo e delle implicazioni per la salute insite in questa molecola“. Circa il suo ruolo benefico per la salute, ad esempio, studi clinici recenti le attribuiscono un’importanza significativa anche nella prevenzione di patologie cardiovascolari, endocrine, immunoinfettive, oncologiche, reumatologiche e neurodegenerative. Ancora non molti sanno che, però, specie in soggetti con più di 65 anni, l’utilizzo indiscriminato ed eccessivo di questa molecola per via farmacologica o come integratore può risultare dannoso. Né, ad oggi, è stato ancora concordato a livello scientifico quale sia il corretto fabbisogno e i dosaggi attraverso gli integratori tali da massimizzarne i benefici sull’organismo umano, evitando nel contempo effetti ‘collaterali’. A questi dubbi si affianca, invece, un dato certo: un terzo della popolazione mondiale, secondo gli esperti, assume oggi livelli insufficienti di vitamina D, senza differenze sostanziali tra abitanti dei Paesi industrializzati e di quelli in via di sviluppo. Restringendo il campo alla sola Europa, addirittura, emerge che la metà della popolazione del Vecchio Continente soffre, di fatto, di carenza di questa sostanza. Spunti di riflessione che saranno al centro dell’appuntamento, in programma a partire dalle ore 9.30 di venerdì, 19 ottobre, e che vedrà relazioni anche nel corso del mattino del giorno successivo. Si terrà presso la Sala Conferenze del Polo di Ricerca Avanzata (PRABB, Via Alvaro del Portillo, 21 – Roma) dell’Ateneo. Aprirà la due giorni l’intervento del Prof. Angelo Azzi, docente della Tufts University di Boston (USA) e uno dei massimi esperti mondiali nell’ambito della nutrizione umana. Nel corso dell’evento interverranno anche, tra gli altri: Paul Coates, Direttore Ufficio Integratori Alimentari del National Institutes of Health (NIH), l’Agenzia di ricerca bio-medica del Dipartimento per la Salute USA; Margherita Cantorna, docente di Immunologia Molecolare presso la Pennsylvania State University; Hildegard Przyembel, membro del Comitato sulla vitamina D dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA); Manfred Eggesdorfer, Vice-presidente senior della multinazionale DSM, leader nel campo dell’alimentazione e degli integratori alimentari; Clifford Rosen, Direttore della Ricerca Clinica e Traslazionale del Maine Medical Center Research Institute; Maria Luisa Brandi, Ordinario di Endocrinologia presso l’Università di Firenze e Presidente della F.I.R.M.O.

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Fino a qualche tempo fa della Vitamina D si sapeva soprattutto che fa bene alle ossa, dato che può ridurre il rischio di fratture dell'anca del 30% e di quelle non vertebrali del 14%, e che quindi, ad esempio, rappresenta un fattore importante nella profilassi anti-osteoporosi della donna dopo la menopausa. Chi ne avesse avuto forte carenza,...