MOSTRE-PALAZZO VENEZIA “ROMA AL TEMPO DI CARAVAGGIO 1600-1630” FINO AL 9 FEBBRAIO
La Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico e per il Polo Museale della Città di Roma presenta la mostra “Roma al tempo di Caravaggio” a cura di Rossella Vodret e realizzata con il supporto organizzativo di Civita e Munus. Attraverso 140 opere provenienti da tutto il mondo, alcune inedite in Italia, la mostra ricostruisce per la prima volta il tessuto connettivo della Città eterna, in cui visse e operò Caravaggio. Nell’esposizione viene preso in esame quello che può essere definito un momento cruciale della pittura italiana, che nasce negli ultimi anni del XVI secolo in una Roma ancora in crisi per il traumatico scisma luterano e si sviluppa, con sempre maggiore vigore, attraverso il regno di quattro importanti Pontefici: Clemente VIII Aldobrandini, Paolo V Borghese, Gregorio XV Ludovisi, Urbano VIII Barberini. Questo irripetibile momento durò circa quaranta anni, dal 1595 al 1635 e dagli avvenimenti accaduti in tale arco di tempo dipese gran parte dello sviluppo artistico europeo che si protrasse sino alla fine del Seicento. I primi anni del XVII secolo sono segnati dal confronto serrato e diretto tra due giganti della pittura italiana: il bolognese Annibale Carracci, capo indiscusso della corrente classicista, e il lombardo Caravaggio, creatore di una rivoluzionaria forma di rappresentazione della realtà. Entrambi scomparvero a un anno esatto l’uno dall’altro: il 15 luglio 1609 Annibale; il 18 luglio 1610 Caravaggio. Il rapporto tra i due artisti è reso evidente all’inizio del percorso espositivo dal l’accostamento fra le rispettive versioni de la Madonna di Loreto realizzate negli stessi anni. La comparazione dei due quadri, mai messi a confronto prima d’ora, è di fondamentale importanza ai fini scientifici della mostra. Le interessanti basi gettate da Caravaggio e Carracci furono raccolte e sviluppate, negli anni successivi, sia dai pittori classicisti bolognesi – rappresentati in mostra da artisti quali Domenichino, Lanfranco, Guido Reni, Albani – che avevano seguito Annibale nella città papale, sia da quanti fecero proprio il drammatico naturalismo di Caravaggio, come testimoniano i dipinti di Orazio e Artemisia Gentileschi, Carlo Saraceni, Orazio Borgianni e Bartolomeo Manfredi. Quest’ultimo fu l’abile falsario delle opere di Caravaggio, tanto che subito dopo la fuga da Roma del Merisi (1606) molte opere di Manfredi furono vendute come originali di Caravaggio. Le due correnti artistiche dominarono il panorama artistico romano del secondo decennio e furono continuamente modificate e arricchite non solo da continui influssi e intrecci reciproci, ma anche attraverso intensi scambi con i numerosi pittori toscani, emiliani, genovesi, lombardi e, soprattutto, l’esuberante schiera di stranieri – francesi, fiamminghi e spagnoli – presenti a Roma in quel periodo, dei quali saranno esposte in mostra opere di Valentin, Vouet, Honthorst, Rubens, Ribera. Le opere scelte per l’esposizione sono state selezionate così da rappresentare il panorama più ampio possibile e significativo delle complesse vicende che caratterizzarono l’ambiente artistico romano all’inizio del ‘600. Per l’occasione è presente straordinariamente in mostra per la prima volta in Italia il “Sant’Agostino”. Quest’opera, andata persa dalla metà Ottocento, è stata recentemente rintracciata in una collezione spagnola e attribuita a Caravaggio scatenando un dibattito molto combattuto. Al “Sant’Agostino” è dedicata una giornata di studi, condotta in collaborazione con l’Università di Roma, che vede riuniti a confronto i protagonisti della controversia attributiva.
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